Prefazione di Ferdinando Mirizzi
Edito da Lithos Libreria Editrice
E’ in libreria il saggio di Alessandra Del Prete: “Dalle tradizioni locali al Patrimonio Culturale Immateriale: il Carnevale di Tricarico in Basilicata. Alessandra Del Prete, romana di nascita ma di origini lucane da parte materna, lavora all’IRCCS IFO di Roma. E’ laureata in Scienze Sociali Applicate e in Sociologia all’Università degli Studi di Roma La Sapienza. Grazie alle due tesi di laurea ha contribuito agli studi sulle tradizioni e sulla musica orale tricaricese. E’ autrice di saggi etnoantropologici sulla rivista “Mathera”. I suoi interessi di studio, che l’hanno portata ad effettuare frequenti viaggi in Basilicata, comprendono tematiche antropologiche quali la costruzione sociale della memoria, l’identità etnica, il patrimonio culturale immateriale, le feste e i rituali.
Il libro racconta di rituali carnevaleschi nelle sue maschere ancestrali, legati ai cicli della natura, di canti antichi che continuano a raccontare la storia tricaricese e lucana, preservando le radici del nostro territorio. Ogni maschera, ogni passo, ogni suono è un omaggio all’identità lucana, un legame tra passato e presente. Si continua a celebrare e a tramandare queste tradizioni perché sono il cuore pulsante delle comunità, del mondo agro-pastorale lucano, un patrimonio da preservare, salvaguardare e consegnare alle future generazioni. Lo sguardo è rivolto al loro riconoscimento come patrimonio culturale immateriale nella Lista rappresentativa ICH (Intangible Cultural Heritage).
Nell’opera si ripercorrono gli studi demologici sul carnevale nella contemporaneità, confrontandolo con il passato ed esplorando le analogie dei carnevali di tradizione europea, messe in evidenza dal progetto della Commissione ‘Carnival King of Europe’, dalla penisola iberica alla Francia, all’Europa centrale e settentrionale, alla regione dei Balcani occidentali.
Partendo dal passato il testo arriva a descrivere i carnevali contemporanei, dai più noti in Italia, come quelli di Venezia e Viareggio, ai carnevali del sud Italia di tipo agro-pastorale, come quelli lucani, che iniziano il giorno di Sant’Antonio Abate, il santo del fuoco e protettore degli animali, il 17 gennaio, e terminano il martedì grasso.
Si approfondisce la Rete dei carnevali lucani antropologici che coinvolge otto comuni della Basilicata (Aliano, Cirigliano, Lavello, Montescaglioso, San Mauro Forte, Satriano di Lucania, Teana e Tricarico), ai tempi della comunicazione mediatizzata e diffusa attraverso moderni strumenti audiovisivi, social network, mass media e pubblicità che ne incentivano la loro diffusione e apertura rispetto alla chiusura del passato.
All’interno del libro sono illustrate fotografie dei Raduni delle maschere a valenza antropologica che avvengono dal 2012 a oggi a Tricarico, con la partecipazione di maschere italiane e internazionali, grazie al lavoro di squadra portato avanti dalla Pro Loco e dalle Istituzioni, e alla partecipazione di ogni singolo cittadino che con passione e presenza, rende possibile la rievocazione di eventi culturali identitari come quelli dei carnevali lucani e potenzia maggiormente l’offerta culturale turistica. Pertanto il Carnevale contemporaneo con le sue trasformazioni ha assunto nuovi aspetti, una nuova fase di revival e di creatività, standardizzazione e spettacolarizzazione della festa.
Di seguito la Prefazione dell’antropologo Ferdinando Mirizzi dell’Università degli Studi della Basilicata:
“…Il Carnevale di Tricarico è indubbiamente uno dei più conosciuti della Basilicata, forse il più noto sul piano nazionale, e dispone di una ricca e densa letteratura, esito delle scritture di studiosi e intellettuali che si sono avvicendati nella sua descrizione e interpretazione, ma anche di quelle prodotte dall’interno e che forniscono anch’esse elementi interessanti per comprenderne il senso e le dinamiche trasformative, connesse ai cambiamenti di contesto, alla rielaborazione della tradizione incorporata, nei passaggi intergenerazionali, attraverso l’esercizio mimetico, la narrazione memoriale e la lettura dei testi prodotti nell’arco dei decenni, considerati dai protagonisti del Carnevale autorevoli testimoni di quanto effettivamente accaduto nella storia e nella vita della comunità locale.
Al di là di qualsiasi retorica sulla presunta arcaicità del Carnevale, sui suoi legami con l’antichità e sui suoi significati collegati alla propiziazione delle forze della natura, Alessandra Del Prete dà puntualmente conto delle interpretazioni prodotte sul Carnevale di Tricarico in una rassegna ampia che, senza alcun bisogno di commenti, rivela di per sé la mutevolezza degli eventi cerimoniali descritti, per soffermarsi sulla loro condizione odierna, segnata da una rappresentazione del fenomeno della transumanza, che a partire dall’immediato secondo dopoguerra e nel corso degli anni è andata sempre più consolidandosi, affinandosi registicamente e configurandosi come una messinscena destinata a un pubblico sempre numeroso e sempre più affascinato dalla riproposizione di tradizioni locali riesplose nel terzo millennio all’interno di processi patrimoniali fondati sulla costruzione di sensi di appartenenza, da una parte, e sulla valorizzazione di ciò che è ritenuto esclusivo di uno specifico contesto di vita e di relazione.
Ed è così che una osservatrice del mondo contemporaneo come Alessandra Del Prete, pur nel quadro di una scrittura fondata su processi di rielaborazione della memoria, pone infine la sua attenzione sulle modalità in cui attualmente – ai tempi dell’Unesco per parafrasare un’espressione spesso utilizzata da Pietro Clemente – è vissuto e partecipato il Carnevale nel paese di nonna Paolina, cogliendone le ragioni che ne fanno oggi un evento di partecipazione collettiva e uno strumento di dialogo con altre città del carnevale con i loro gruppi mascherati costituitisi in rete, oltre che l’espressione di un patrimonio immateriale locale che costituisce un modo per vivere la postmodernità attraverso modelli culturali provenienti dalla tradizione, variamente introiettati e, però, rimodellati con il ricorso a forme nuove di creatività culturale nella organizzazione dei raduni e delle sfilate e nella definizione delle relative sequenze drammatiche e ambientazioni sceniche”.
Nel terzo capitolo si approfondisce la vita di Paolina Lotito, alias Paolina Luisi, la nonna dell’autrice, nota cantante tricaricese, depositaria dei canti di tradizione orale della Basilicata, e il contesto delle ricerche socio-antropologiche condotte in Basilicata nel secondo dopoguerra.
Paolina Lotito Luisi (Tricarico 1908 – Tricarico 2005), ha vissuto quasi un secolo e come sottolinea l’autrice: «La figura di Paolina [Lotito Luisi] è sicuramente un tassello importante nella costruzione dell’immagini della cultura musicale tradizionale lucana, che ne fanno un esempio, a volte anche profondamente critico, di una donna a cavallo tra un mondo e un altro. D’altra parte la sua biografia ci dice che gli anni che lei percorse nella sua lunga vita, sono gli stessi che hanno portato l’Italia da una dimensione socioeconomica di tipo rurale ad una industriale e postindustriale…», un emblema di questa terra, ed evidenzia l’importanza di Paolina nella conservazione dei canti di tradizione orale. Protagonista della tradizione orale, di quella musica tramandata senza l’ausilio scritto di una partitura, fatta di suoni antichi della cultura contadina lucana, legata al ciclo della terra, tra feste, lutti e canti d’amore”. E’ stata cercata dagli intellettuali dell’epoca per registrare per la RAI Archivio del folclore italiano – Basilicata degli anni 1952 (da Diego Carpitella e Ernesto de Martino nella prima spedizione multidisciplinare sul campo), poi nel 1981 da Giorgio Adamo, nel 1995 da Antonio Infantino e nel 2003 da Nicola Scaldaferri.
Grazie a queste ricerche è stata identificata come la cantrice di Tricarico, straordinaria interprete, definita la voce più bella della Basilicata, “usa melismi diversi con cui abbellisce le note..repertorio di Tricarico ma anche suo, timbro vocale diverso dagli acuti degli altri brani della raccolta del ‘52”… Con una personalità assertiva, fuori dalle righe, trasgressiva e per certi versi moderna considerati i tempi, rivendicatrice della libertà di espressione, dotata di una voce particolare anche un po’ roca, con grande competenza vocale e con un nutrito repertorio di canti tradizionali, non è un caso che lei sia stata riconosciuta formalmente la ‘cantora’, un vero a proprio personaggio”. (Giorgio Adamo).
“Si tratta di personaggi che hanno segnato l’attività musicale della Basilicata negli ultimi decenni, musicisti e cantori anziani che hanno avuto un ruolo importante a stabilire certi repertori. Talvolta si tratta di persone specializzate nell’esecuzione di dati repertori vocali, veri e propri ‘Alberi di Canto’ e tra questi spiccava in particolare Paolina Luisi”. (Nicola Scaldaferri) Tutte le musiche di Antonio Infantino e i suoi Tarantolati di Tricarico hanno infatti come base di studio e di ricerca la Paolina Lotito di cui ne ha trascritto i testi e riprodotto la musica in chiave etnofolk (’96 disco Tarantata Tarantella), così come pure Pietro Cirillo di Tricarico (brano 7 disco Anima Lucana) e altri musicisti tricaricesi che attingono alla tradizione, alla musica popolare tricaricese.
“I suoi canti registrati oggi vengono utilizzati durante i corsi di etnomusicologia nella parte che riguarda il sud Italia, essendo importantissimi per il ruolo che hanno avuto nella nascita di questi studi. La Basilicata, denominata ‘la culla dell’etnomusicologia’ grazie a questa I raccolta storica del 1952 che ha avuto come tema: “dalla culla alla bara” con i canti che vanno dalla ninna nanna, all’altalena, alla tarantella, alla trebbiatura, al lamento funebre. E’ stato infatti uno dei luoghi più importanti per la nascita dell’etnomusicologia italiana, e certamente la figura di Paolina è stata fondamentale”. (Nicola Scaldaferri).
Come sottolinea nella Postfazione Serena Facci, etnomusicologa dell’Università degli Studi di Tor Vergata di Roma: «E’ stata anche la curiosità verso il mondo rappresentato da sua nonna a motivare il “ritorno” in senso scientifico di Alessandra Del Prete verso Tricarico, il paese dove, ci dice fin dall’inizio del libro ha le sue radici. Ma la ricerca che questo “ritorno” ha prodotto, non ha nulla di nostalgico, anzi è tutta finalizzata verso il senso attuale delle tradizioni, il loro valore in quanto beni culturali preziosi da comprendere e preservare, ma anche valorizzare e vivere pienamente nel presente».
Per concludere con le parole della Postfazione di Luigi Cinque, compositore, regista e saggista nella postfazione: «Si scopre la grande cultura della classi subalterne del sud ancora a tradizione orale e agropastorale: quella che non ha niente a che vedere con “il colto e il chiesastico”. C’è il mitico viaggio di ricerca e documentazione di Lomax e Carpitella. Alan Lomax ha già registrato una enorme quantità di musiche nel Delta del Mississipi…Un crocevia di tutto ciò, in estrema sintesi, fu Tricarico. Al centro da sempre di strade, passaggi, tratturi, transumanze podoliche e, per questo, angolo di continue estemporanee (ma profondamente tradizionali), geometrie poetiche. Basterebbe solo citare Carlo Levi, Rocco Scotellaro il poeta contadino, Amelia Rosselli la poeta sublime, il bianco e nero fulminante di Cartier Bresson e poco dopo, lo shock tarantico e pitagorico di Antonio Infantino con il suo “uno è tutto e tutto è uno”».
Pertanto l’opera non ripercorre solamente, come fanno in tanti, la storia del carnevale e non si ferma ai soli “significati” simbolici del carnevale (tante, anzi troppe volte ricordati e “oggettivizzati” dagli stessi portatori), ma guarda alla contemporaneità del carnevale, inteso come patrimonio immateriale capace di attivare partecipazione, socialità e senso (i significati…) per i loro “stakeholders” (cioè per i loro portatori/protagonisti). Tutta la discussione UNESCO attuale sull’Intangible Heritage poggia infatti non sul patrimonio come “oggetto” da studiare/salvare/documentare, ma sul patrimonio come processo che viene continuamente definito, ricreato e risignificato dai suoi portatori, che così facendo partecipano alla vita culturale e sociale del territorio nel quale vivono.
Il Libro è stato presentato a Matera il 29 Marzo 2025.