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DORMONO SUI CALANCHI

DORMONO SUI CALANCHI
di Pino Rovitto

Dormono sui calanchi si compone di prose e di versi collocati in un ordine che è, insieme, quello della mente e dell’immaginazione, quello del cuore e quello della realtà.
L’argomento è la collina dei morti, la collina dei calanchi, che porta a considerare chi siamo, dove andiamo, una Spoon river del cuore, una Chambre verte, dove collocare e conservare tracce del passato. Una collina geografica, sentimentale e immaginaria, di eternità senza indirizzi.
Una collina all’ombra della saggezza, della saggezza nel sangue, da dove mirare il fiume, il mondo, che scorre distratto e che prende improvvisamente vita con lo sguardo. Concisione dell’indicibile, arcana verba.
Le tracce sono soprattutto quelle dell’infanzia ricordata nelle ore assolate dei pomeriggi estivi, a sfogliare le foto dei morti conservate dalla nonna, che raccontano in uno scatto la vita di ognuno.
E poi ci sono pensieri di lungo corso, come valutazioni filosofiche, meditazioni sul senso dell’esistenza, sul sacro.
E poi ci sono i calanchi, calanchi di anime, di un amore più grande di noi. Calanchi collocati alla periferia della realtà, delle infinite realtà scompagnate del nostro vivere.
Anche i versi raccontano gli stessi concetti, espressi con una musicalità dolente, con una scrittura coinvolgente.
Nella Postfazione Alberto Fraccacreta scrive:
Il reticolo strutturale di questo intricato percorso lirico – in cui emerge un vero e proprio micro-cosmo concettuale e stilistico, che fa largo uso del dialetto senisaro, del greco e di una variegata schiera di idioletti – non è semplice da riassumere, ma d’altra parte il poeta stesso suggerisce di non preoccuparsi troppo di tracciare i limiti demaniali del suo hortus conclusus: «L’invito è a entrare nella mia wunderkammer e leggere un frammento di tanto in tanto e conoscere, pian piano, i singoli abitanti, i luoghi, le cose di questa confidenziale Spoon River, in modo che, lentamente, la singola briciola divenga una scusa, un pretesto per andare avanti nella lettura, senza altre pretese. Una scusa, un’occasione per svegliare la morte: la morte eterna ed effimera».

La seconda parte del testo, è una Spoon river che evoca, uno dopo l’altro, uno accanto all’altro, epitaffi reali e/o dell’immaginazione, letti sulle lapidi o creati dal cuore e dalla ragione. Persone umili di un mondo scomparso e figure della letteratura e dell’arte, come, ad esempio, Borges, Piero della Francesca, Carlo Levi, Dante.